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un'eccellente confusione, Jane Eyre fanfiction

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Li Ping
view post Posted on 12/10/2007, 19:53




sommario: cosa farebbe Rochster se Jane accettasse calmamente il suo fato quando gli dà l'avviso di licenziamento? in questa storia perde i nervi, non le chiede di sposarlo e il corso della storia prende una piega diversa.

capitolo 1

“Irlanda.”

Quando il sig. Rochester disse la parola, il cuore di Jane si gelò. Non solo il sig. Rochester aveva confermato che la sua partenza da Thornfield era imminente, ma la mandava anche lontano via da lui. Jane respirò profondamente. Si supponeva che doveva essergli grata. Il suo datore di lavoro non era sotto nessuna obbligazione per trovarle un futuro lavoro. Non solo aveva fatto questo per lei, ma aveva insistito per farlo. Non la costringeva a reclamizzare e non la lascerebbe lasciare Thornfield senza avere un lavoro nuovo. Aveva fatto tanto per lei. Dovrebbe ringraziarlo.

Jane trattenne le lacrime e disse, “grazie, signore, per fare questo per me. Non era veramente necessario.” Tentava di non pensare a quanto lontano fosse l’Irlanda, o a com’era probabile che non avrebbe più rivisto il sig. Rochester. Cercava di non pensare come sembrava di non volerle abbastanza bene neanche come un’amica- se non l’avesse chiamata tale questa notte – per volerla mai rivedere di nuovo. Il pensare a questo chiamò in causa abbastanza rabbia e risentimento per non piangere.

Il sig. Rochester guardò giù a Jane. Era così fredda, così dura. Jane stava andando via ad accettare il suo fato e dimenticarlo. Si ricordò di come l’aveva lasciato così tranquillamente quando era andata via al capezzale di sua zia. Disse semplicemente addio e se ne andò.

Se si fosse comportata diversamente, versato una lacrima, lo avrebbe ripreso per sposare tale donna orrida come la signorina Ingram, Rochester l’avrebbe presa fra le braccia, assicurandogli che amava solamente lei. L’avrebbe chiesto di sposarlo in quello stesso momento. Ma Jane era immobile. Era fredda e stoica. Rochester non poteva sapere ciò che aveva nel cuore, così perse il coraggio. Stasera non ci sarebbe stata nessuna proposta di matrimonio. Ora doveva continuare con questa dannata sciarada! Era tutto che poteva fare stasera finchè gli sarebbe venuto un piano migliore.

“Prego, Jane. Hai fatto bene il tuo dovere e io sento un’obbligazione di aiutarti.”

“Non c’è nessuna obbligazione, signore, ma ti ringrazio lo stesso.” La ragazza guardò su nel cielo. Nubi stavano addensandosi e il vento soffiava più forte. “Sembra che il buon tempo sta girando stasera. Credo che andrò dentro se mi dai il permesso.”

Stasera le permetteva di andarsene. In qualche modo sarebbe diventata sua. “Acconsento, Jane. Abbi una buona notte. Spero tu sappia che ti augurò sempre ogni bene.” Rochester estese la mano in gesto di amicizia.

“Buona notte, signore. Io farò lo stesso.” Jane prese la sua mano. Le sue dita erano fredde e flosce. Appena Rochester la rilasciò, Jane si voltò e camminò via verso la casa.

Rochester la guardò andare, non levandole mai gli occhi di dosso finchè non entrò. Questa era un’eccellente confusione! Aveva passato settimane fingendo il corteggiamento della signorina Ingram ed era venuto con un fasullo lavoro futuro per Jane per farsi desiderare da Jane. Lei non si fu mossa da alcuno di questo. Forse era veramente una fata cattiva mandata nel mondo degli uomini per tormentarlo. Però, non poteva fare a meno di ricordare il modo in cui la faccia di Jane si accendeva quando le parlava. Ricordava gli sguardi desiderosi che gli lanciava quando pensava che lui non poteva vedere. L’aveva vista trasformarsi da una ragazza timida a una donna fiduciosa e arguta durante il suo soggiorno a Thornfield. Jane doveva amarlo. Rochester sapeva che lo faceva. Aveva solo bisogno di un nuovo modo per farglielo ammettere, ma come?

Quando arrivò alla casa, Jane corse alla sua stanza e singhiozzò. Irlanda! Andava via ad una terra strana per insegnare un gruppo di ragazze ricche e viziate in una famiglia che la tratterebbe probabilmente poco più come una serva. La famiglia O’Gall erano amici degli Ingram, non aveva detto così il sig. Rochester? Se assomigliavano ai Ingram, sarebbero insopportabili. La sua carriera a Thornfield era stata facile perché Adele non era la figlia viziata di una famiglia ricca e il suo datore di lavoro la trattava da uguale. Non avrebbe di nuovo avuto una situazione del genere.

C’era poi l’altro problema che il sig. Rochester stava per sposare la terribile signorina Ingram. Sapeva che il sig. Rochester non l’amava e veramente aveva pensato che fosse incapace di sposarsi solamente per i collegamenti di una donna. Forse era veramente così poco profondo per innamorarsi di una donna solamente per la sua bellezza? Pazzia! Quello non era il sig. Rochester. D’altronde il sig. Rochester aveva fatto tutto quello che lei non si sarebbe mai aspettata. Come desiderava di non poterlo amare nonostante tutto questo.

Per metà notte, Jane stette singhiozzando sveglia. Eventualmente si confortò con il fatto che aveva affrontato molte difficoltà nella vita e in qualche modo avrebbe superato pure questa. Durante la notte le venne l’ispirazione. Aveva ancora la lettera di suo zio John che la sig.ra Reed aveva tenuto nascosto tutti questi anni. Aveva trascurato di scrivergli per fargli sapere che era viva. L’avrebbe fatto adesso. Forse se diventava la sua erede, non sarebbe urgente trovare un lavoro. In ogni caso, non sarebbe dovuta andare così lontano fino in Irlanda. Jane si chiese tuttavia se suo zio l’avrebbe costretta a venire a Madeira. Sarebbe addirittura ancora più lontano, ma almeno avrebbe avuto una famiglia.

Quella mattina Jane scrisse una lettera a suo zio. Gli spiegò brevemente la falsità della sig.ra Reed e come lo aveva saputo. Gli disse che lavorava come governante presso il sig. Rochester, ma sarebbe partita per l’Irlanda il mese prossimo. Jane chiese, anche se aveva altri familiari viventi. Ultimamente gli disse che sperava di vederlo presto ed era felice di avere finalmente trovato la sua famiglia.

Durante il giorno Jane diede ad Adele una lezione di geografia. Lessero insieme un atlante, dove trovarono Madeira su una mappa. Impararono del clima, le esportazioni, e il carattere della sua gente.

“Perché stiamo imparando di questo luogo lontano, signorina Eyre?” chiese Adele.

“Perché forse ci andrò un giorno,” rispose Jane.

“Ci andrò anch’io, signorina Eyre?”

Lacrime vennero agli occhi di Jane. Adele andrebbe presto a scuola e Jane probabilmente non l’avrebbe più rivista. Per un momento abbracciò la bambina. “Lo spero, Adele.”


 
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Li Ping
view post Posted on 30/11/2007, 21:20




capitolo 2

Come Jane, Rochester rimase sveglio quasi tutta la notte. Cercava di dedurre cosa poteva fare. Il suo fidanzamento con la signorina Ingram fu rotto, anche se non l’aveva detto a nessuno. Tutto quello che aveva fatto, era diffondere una diceria che la sua fortuna non era così grande come pensava e la signorina Ingram non era più interessata a sposare il suo personaggio brutto e vecchio. Si era inventato un nuovo datore di lavoro per Jane e certamente la ragazza avrebbe fatto i bagagli per l’Irlanda di mattina. Adele se ne sarebbe andata via per la scuola in un mese dato che lui intendeva sposare Jane entro quella data. Era ora di dire a Jane la verità—almeno una parte di essa.

Rochester camminò vicino alla biblioteca la mattina prossima e decise di entrare e salutare Jane e Adele. Li vide insieme leggere attentamente un atlante.

“Buongiorno signorina Eyre, Adele. Spero che le vostre lezioni stiano andando bene questa mattina.”

Jane era cordiale, ma fredda. “Sì, grazie signore. Adele sta imparando geografia oggi.”

Adele aggiunse poi, “stiamo imparando su Madera. È un’isola vicino all’Africa e Portogallo. Là producono del vino. Il tempo è molto caldo e parlano portoghese. Parli portoghese, Monsieur Rochester? La signorina Eyre non ne è capace, ma è così intelligente.”

“No. Non parlo il portoghese, Adele. Sono sicuro che la signorina Eyre sia abbastanza intelligente di impararlo, se lo vuole.” Rochester si chiese perché Jane s’interessava improvvisamente così a Madera, ma questo non lo concerné grandemente. Aveva altre questioni delle quali preoccuparsi. “Vi auguro a voi signore una buona giornata,” disse e si rimosse dalla biblioteca.

Rochester si tenne distante da Jane per i prossimi giorni. Passava molto tempo cavalcando Mesrour attraverso la campagna, lasciando a Jane pensare che stesse corteggiando la signorina Ingram. Mentre cavalcava, tentava di venire su con un modo di mettere le cose a posto. Con tempo Jane avrebbe saputo che non stava per sposare la signorina Ingram e che invece voleva sposare lei. Desiderava solo sapere che Jane voleva sposarlo.
Due settimane passarono e Jane non vide quasi mai il sig. Rochester. Non le disse più nulla della sua nuova posizione in Irlanda o quando doveva lasciare Thornfield. Era spesso lontano da Thornfield tutto il giorno e Jane presumeva che passava del tempo con la sua futura sposa, anche se non l’aveva fatto nel passato. Lui ancora non rispondeva alle domande della sig.ra Fairfax circa il suo futuro matrimonio. Il sig. Rochester rimaneva enigmatico come era sempre stato.

Una sera il sig. Rochester chiamò Jane in salotto dopo cena. Essere nella presenza del sig. Rochester era un dolce dolore. Jane non poteva fare a meno di amarlo e desiderava stare in sua presenza, ma l’ombra della partenza offuscava tutto. Non le aveva dato ulteriori informazioni sulla sua partenza. Jane poteva solo presumere che Rochester aveva prenotato la nave per l’Irlanda e aveva fatto sapere ai suoi nuovi datori di lavoro che stava venendo. Se non l’aveva fatto, era ora di chiedere se doveva farlo lei stessa. Jane entrò nella stanza e vide il sig. Rochester seduto che beve un bicchiere di vino. Era vino di Madera? Questo la fece chiedere se avesse sentito di suo zio prima di andare in Irlanda. Rochester le chiese di sedersi.

“Come è stata la tua giornata, Jane?”

“Era un giorno eccellente, signore. Adele e io abbiamo fatto un picnic e le ho insegnato come identificare tipi diversi di fiori in inglese. Il suo progresso è sbalordente ultimamente.” Fu rapida di aggiungere, “come è stato il tuo giorno, signore?”

“Ho avuto un giorno peggiore del tuo, Jane.”

“Mi dispiace sentirlo. Dio ci dà sempre un giorno nuovo, così hai un’opportunità per domani di essere meglio.”

Il sig. Rochester disse soltanto, “Hmph,” e disse niente per molto tempo. Centellinò il suo vino e prese un respiro profondo. Sembrava avere difficoltà di dirle ciò che le doveva dire. Finalmente parlò. “Jane, devo dirti che non sposo la signorina Ingram.”

Jane non era capace di credere quello che aveva sentito. Era possibile che avesse detto quello che aveva udito? Jane tentò sodo di contenere la sua espressione deliziata. Mantenne la calma meglio che poteva e chiese, “perché?” Jane comprese che l’aveva chiesto piuttosto con fretta e che avrebbe dovuto esprimere semplicemente le condoglianze.

Il sig. Rochester rise solamente e Jane arrossì. L’uomo ignorò il suo disagio e seguì a spiegare. “Dovevo sapere che lei non mi sposava solo per le terre dei Rochester. Misi in giro una diceria che la mia fortuna non era un terzo di quello che si pensava. Una volta che mi presentai a casa sua dopo che ebbe sentito la diceria, c’era solo freddezza da parte sua e della madre. Non mi vuole. Vuole solo i miei soldi. Come potrei sposare una tale donna?”

Jane raddoppiò gli sforzi per nascondere il suo sorriso. Non avrebbe mai sposato una donna che voleva solo i suoi soldi. Jane si sentì sollevata. Ritrovò la sua voce. “Mi dispiace molto quello che ti è successo, signore. Spero che tu non sia troppo deluso.”

“Sono uno scapolo da molti anni e continuerò a essere uno piuttosto felicemente,” disse.

Jane finse divertimento. “Suppongo che ti stia meglio, signore,” disse. Non sapeva cos’altro dire. Cosa significava ciò per lei?

“Quindi Jane,” continuò Rochester. “Cosa faremo sulla tua posizione?”

“Mi hai commesso per andare in Irlanda, signore, non è così?”

“Sì, l’ho fatto, Jane,” disse. Ma ora non ne vedo la necessità. Era mia intenzione mandare Adele a scuola, ma le scuole sono costose e se non sposo la signorina Ingram, ho poca ragione di mandarla. Preferisco che sia istruita qui a Thornfield. Mi piacerebbe che tu rimanessi qui come sua governante, Jane, se sarai così gentile di rimanere.”

Oh, stare a Thornfield! Che colpo di fortuna! Però cosa voleva dire? Avrebbe visto giornalmente il sig. Rochester, sapendo che non sarebbe mai suo. Ma non sarebbe stata privata della gioia della sua compagnia, anche se non l’amerà mai. Non doveva viaggiare in una terra strana. Jane pensava che non poteva sopportare di andare via, ma poteva sopportare di restare? Era pazzia pensare altrimenti. Sarebbe rimasta.

“Sarei molto felice di restare a Thornfield, signore. Avevo paura che Adele mi sarebbe mancata terribilmente quando me ne sarei andata.”

“Ti mancherebbe qualcun altro a Thornfield?” chiese Rochester.

La notizia che rimaneva a Thornfield misero Jane di umore allegro. “Mi mancherebbe chiaramente la sig.ra Fairfax. Mi mancherebbe pure questa vecchia magione. È un luogo splendido per viverci.” Jane godeva lo sguardo incomodo che venne sulla sua faccia.

“E non ti mancherebbe il tuo vecchio padrone,” le chiese. “Dimenticherai il sig. Rochester.”

Jane rise. “Oh, credo che mi mancherebbe terribilmente, signore.” La ragazza lasciò i suoi occhi ballare allegramente. “Tu mi mancheresti più di tutti.”

Rochester non sembrò divertito. “Sono contento di sentirlo, Jane. Ora credo che è ora di mettere Adele a letto. Ti auguro una buona notte.”

Jane si alzò in piedi. “Buona notte, signore. Grazie di nuovo per permettermi di stare a Thornfield.”

“Buona notte, Jane,” disse Rochester burbero.

Cattiva Jane! L’aveva stuzzicato, coniando i suoi sorrisi astuti e dicendo che le mancherebbe tanto Thornfield prima di dire che gli mancherebbe lui. Sembrava felice quando le disse che non stava per sposare la signorina Ingram. Infatti, sembrava avere difficoltà nel contenere la gioia. Ma era perché l’amava o semplicemente perché non voleva lasciare Thornfield? Sarebbe impazzito se continuava a interrogarla. Troverebbe il momento giusto e le chiederebbe di sposarlo. Se diceva sì, non avrebbe più chiesto cosa provava Jane. Se diceva no…

E se diceva no? La voce dentro di lui si alzò e gli ricordò che se diceva no, sarebbe meglio per entrambi. Poteva tentare di ignorarlo, così come faceva finta che la donna nell’attico non esisteva. Nondimeno la sua coscienza orrida non sarebbe mai completamente acquietata. Jane che gli dice di no era un destino che meritava. Poteva ignorare Bertha fino a quando la sua risata demoniaca non suonava per la casa o tentava di bruciare qualcosa o pugnalare qualcuno. Rochester mise quelli pensieri fuori della sua testa al meglio che poteva. Meritava Jane dopo tutto quello che aveva passato. Il suo matrimonio con Bertha era una frode. Era stato ingannato e imbrogliato. Aveva ogni diritto di sposare Jane. Dio approverebbe, e nessun uomo doveva sapere cosa nascondeva nell’attico.

La vita a Thornfield continuò come al solito per Jane. Dava lezioni a Adele ogni giorno e passava la sera con la sig.ra Fairfax a meno che il sig. Rochester non la mandava a chiamare. Quando la chiamava alla sua presenza era sempre gentile e geniale. Molto del suo primo cattivo umore era scomparso. Sembrava che ogni volta che erano insieme, Jane l’amava di più. Jane si chiedeva come la sua carriera a Thornfield continuerebbe e per quanto tempo. Non poteva stare là indefinitamente. Adele eventualmente sarebbe cresciuta e non avrebbe più bisogno di una governante. Jane sapeva anche che la compagnia continua del sig. Rochester avrebbe fatto più male che bene. Sapeva di dover formare un genere di piano. Forse era ora di cominciare a risparmiare i soldi per aprire una scuola propria come aveva sperato di fare prima di divenire troppo legata a Thornfield e al sig. Rochester per considerare di andarsene.

Comunque il suo destino si compì non molto tempo dopo, che il sig. Rochester le aveva detto delle sue intenzioni di tenerla a Thornfield. Era un piacevole giorno di luglio. La sig.ra Fairfax doveva spedire una lettera, così Jane disse che sarebbe andata a Hay con Adele. Mentre attraversavano Hay Lane, Jane non poteva fare a meno di ricordare la sera quando aveva incontrato il sig. Rochester. Era andato da un estraneo al suo buon amico e oggetto della sua devozione in quel tempo. Jane e Adele arrivarono all’ufficio postale e Jane impostò la lettera della sig.ra Fairfax. Tuttavia fu completamente sorpresa quando il postino l’informò che c’era una lettera indirizzata a Jane Eyre di Thornfield Hall. Jane prese la lettera e l’esaminò. La scrittura e il sigillo erano poco familiari. La ragazza prese la lettera si affrettò verso casa.

Jane non fu capace di leggere la lettera fino a che dopo cena quella notte. Era grata che il sig. Rochester non l’aveva chiamata alla biblioteca. Aveva bisogno del tempo da sola per leggere e pensare a quello che aveva ricevuto, perché la lettera era del suo zio John.

Cara signorina Eyre,
sono così grato di sentire che sei ancora viva. C’è sempre stata una parte di me che credeva che la sig.ra Reed non era stata veritiera, e io avrei dovuto fare un sforzo per trovarti. Mi dispiace di questo. Solo ora comprendo come è stata ingannevole la sig.ra Reed. Quando mio fratello morì, non c’era nessuno fra gli Eyre capaci di prendersi cura di te. Avevamo fiducia che la famiglia di tua madre si sarebbe presa cura di te. Mi dispiace che tu fosti mandata a Lowood e che sei stata costretta di guadagnarti da vivere fra estranei.

Mi hai chiesto se abbiamo altri parenti viventi. Oltre a tuo padre, io avevo una sorella molto cara, Maria, che morì 22 anni fa. Ha sposato un ecclesiastico che vive ancora nell’Yorkshire e ha tre figli. Tristemente mio cognato e io litigammo su dei affari andati male cui l’avevo coinvolto anni fa e non ho più parlato con lui o con mio nipote e le mie nipoti da allora. Ho paura che la rottura è troppo profonda ora per essere riparata e loro sono adesso degli estranei per me.

Da tempo ho avviato con successo un export di vini e ora ho i mezzi per sostenere la famiglia che mi è rimasta. Mi piacerebbe farti diritto come nessuno nella famiglia poteva, e vedere che il tuo futuro è sicuro. Ora devo dirti che sono molto malato e non so quanto mi resta da vivere. Anche se speravo di incontrarti di persona, ho paura che sono troppo malato per viaggiare fino in Inghilterra, e temo che fino a che tu arrivi in Madera io possa essere già morto. Anche se io sento che è meglio che tu non venga a Madera, ti raccomando urgentemente che tu lasci il più presto possibile il tuo posto corrente. Temo per la tua sicurezza a Thornfield Hall. So che conosci il mio amico Richard Mason. Lui e io facciamo affari da anni e Mason porta la mia corrispondenza da Funchal a Londra ed esporta anche il vino alle Indie Occidentali dove ha anche una casa. Sono sicuro che tu non sappia che è il cognato di Edward Rochester. Quindici anni fa Rochester sposò la sorella di Richard, Bertha Antoinette in Giamaica. La famiglia ha una triste lunga storia di pazzia e altri problemi. Come figlio più giovane della famiglia, Edward Rochester non aveva soldi propri ed era più di volenteroso di sposare la ragazza e correre il rischio. Sebbene la famiglia aveva sperato che Bertha scamperebbe a quel fato, la pazzia prese radice non lungo dopo il matrimonio.

Rochester la portò in Inghilterra dove la tiene sotto chiave nell’attico. Da allora provoca danni. La sua custode, Grace Poole, piace un po’ di gin e quando ha una goccia di troppo, Bertha combina qualche guaio. Bertha tentò di pugnalare suo fratello quando la visitò questa primavera. Quest’ultimo mi ha raccontato tutto quando venne a Madera per recuperare. Ricorda affettuosamente come ti sei presa cura di lui durante la notte finchè non venne il chirurgo e ti augura ogni bene. A entrambi piace moltissimo vederti lontano da Thornfield e i pericoli che si appostano là. Ti suggerisco di andare a Londra e vedere il mio procuratore legale, il sig. Briggs che tu troverai a Aldridge Street. Sistemerò tutto così che tu abbia un assegno per poterti mantenere. Desidero che io ti potrei chiedere di venire a Madera, ma per ora di consiglio di vedere il sig. Briggs e restare a Londra finchè ricevi ulteriore corrispondenza da me.
Spero che mi perdonerai per non averti cresciuta come avrei dovuto fare e averti condannata ad una vita di servitù. La mia speranza è che io possa almeno offrirti un futuro migliore.

Distinti saluti,
John Eyre
Funchal, Madeira

Jane tentò di capire tutto questo. Il sig. Rochester era sposato. Come poteva essere? Come poteva tenere nascosto un tale segreto sopra di lei? Non era strano che non potesse sposare la signorina Ingram. Non poteva sposare nessuno. Si chiese se qualcun altro era a conoscenza di questo segreto. Tutti questi mesi Jane era stata accorta di Grace Poole, biasimandola per tutto il mistero e orrore che accadevano a Thornfield. Non era affatto Grace. Grace era solo la copertura per il mistero. Ora Jane sapeva che doveva lasciare Thornfield. Voleva attenersi al desiderio di suo zio, e sapeva anche che non poteva rimanere dopo quello che aveva saputo. Ogni momento che passava con il sig. Rochester l’amava di più. Essere in sua presenza ora provocherebbe solamente più dolore. Non poteva passare del tempo con lui sapendo quello che sapeva. Avrebbe fatto quello che le diceva suo zio e avrebbe visto il sig. Briggs e affittato delle stanze a Londra e tentato di decidere cosa fare in seguito. Era incerta se dire al sig. Rochester cosa sapeva, ma ultimamente decise di no. Era meglio non dire niente e lasciare Thornfield come richiedeva suo zio. Avrebbe fatto di tutto per cercare di dimenticarlo.
 
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Li Ping
view post Posted on 19/1/2008, 15:30




capitolo 3

Edward sedeva nella biblioteca tentando di maneggiare gli affari, ma la sua mente continuava a riempirsi con pensieri di Jane. Pensava che sarebbe diventato pazzo se non avrebbe fatto Jane presto sua. Stasera l’avrebbe chiamata alla sua presenza. La stringerebbe tra le braccia e le chiederebbe di sposarlo. Rochester provò le parole che avrebbe usato più volte nella sua testa. Jane doveva amarlo. Doveva! Fu completamente sorpreso quando Jane apparve non annunciata sull’uscio.

“Sig. Rochester,” disse riluttante. “Sarebbe un tempo inopportuno per parlarti di una questione importante?” lo sguardo nei suoi occhi era di una tristezza incredibile. Rochester pensava che sarebbe scoppiata a piangere. Voleva prenderla tra le braccia e confortarla per qualunque cosa l’agitava.

“Certo, Jane. Per favore entra e allegerisciti,” le disse.

Jane si avvicinò alla sua scrivania. “Sono qui per darti le mie dimissioni.”

Questo era completamente inaspettato. Nessun colpo più grande poteva essere consegnato. Jane si dimetteva? Era impensabile. Che ragione poteva avere per andarsene? Rochester comprese poi che Jane forse stava cominciando a rendersi conto dei suoi sentimenti per lei. Li nascondeva così poveramente ultimamente. Jane sapeva cosa provava e non sentiva lo stesso e la faceva sentire a disagio. L’aveva scacciata. Però, voleva sentirlo dalle labbra di Jane prima di crederci.

“Perché vuoi andartene, Jane? Non sapevo che tu eri infelice.”

Jane sembrò scioccata. “Oh no, signore,” protestò. “Non sono per niente infelice qui. Ci sono alcune cose che devo dirti.” Jane sembrò trattenere le lacrime, ma continuò. “Quando andai a visitare mia zia Reed sul suo letto di morte, mi disse una cosa che mi aveva nascosto per tre anni. Io ho un zio, il fratello di mio padre che ha fatto fortuna come esportatore di vino a Madera. Desiderava adottarmi e farmi sua erede ed era andato dalla sig.ra Reed per trovarmi. Ma la sig.ra Reed mi odiava. Non voleva vedermi adottata in una vita agiata, così gli disse che ero morta a Lowood. Mi ha confessato tutto questo prima di morire.”

Madeira! Ora capiva perché Jane aveva dato ad Adele quella lezione di geografia. Jane stava progettando di andare là.

“Scrissi a mio zio quando ritornai a Thornfield. Gli dissi che ero viva e che ero ansiosa di conoscere la mia famiglia sconosciuta. Recentemente ho ricevuto la sua risposta. È molto malato e incapace di ricevermi a Madera, ma ha richiesto che io vedo il suo procuratore legale a Londra e stia là finchè ricevo ulteriore parola da lui. Mio zio si pente che ho dovuto passare tanti anni soffrendo a Lowood e poi fui costretta a vivere una vita di servitù. Vuole farmi comoda il più presto possibile.”

Rochester si sentì oltraggiato. “Non stai bene qui? Credevo che fossi felice. Ho fatto tutto il possibile per aiutarti e prendermi cura di te. Ho sempre creduto che tu amavi insegnare a Adele. Thornfield è divenuto la tua casa.”

Jane protestò, stava quasi piangendo apertamente ora. “Lo so, signore. Sono grata per tutto quello che hai fatto. Nessun datore di lavoro avrebbe mai fatto quello che tu hai fatto per me. Ma mio zio sta morendo, signore. Sento che devo rispettare i suoi desideri.”

C’era qualcos’altro. Sapeva che Jane si dimetteva per qualcosa di più che solo per gratificare i desideri di un uomo morente che non aveva mai visto. Poteva anche dire che non glielo avrebbe raccontato. Qualunque erano le sue ragioni, Jane stava lasciandolo e non poteva farci niente. Avrebbe dovuto spedire Adele a scuola settimane fa e farla finita con questa storia.

“Se senti di dovere andare, Jane, non posso fermarti. Quanto tempo ci vorrà finchè tu te ne vai da Thornfield?”

“Una settimana, signore. È abbastanza preavviso?”

“Suppongo deve essere, Jane. Ti auguro ogni bene nei tuoi sforzi futuri.” Rochester si ritrovò a soffocare le lacrime. Non doveva finire così.

“Grazie di nuovo, signore. Adesso devo cominciare le preparazioni per il viaggio.” Jane stava quasi piangendo apertamente ora, ma si girò e andò via senza un’altra parola.

Rochester giurò a un punto che sarebbe andato dietro a lei. Non lo lascerebbe così facilmente. Sentendosi battuto ma non vinto disse, “ti amo”, alla stanza vuota. Divenne ancora più determinato a dirlo a Jane prima che partisse.

Jane faceva fatica a addormentarsi quella notte. Si sentiva come se il suo cuore si fosse spezzato quando si dimise. Poteva sopportare il proprio dolore se non avesse osservato la tristezza che esprimeva il sig. Rochester. Era così difficile per lui lasciarla andare come lo era per lei? Poteva veramente essere vero? Anche se lo era, non c’era niente che Jane poteva fare. Il sig. Rochester era per sempre perduto per lei.

Finalmente Jane si addormentò, ma fu svegliata da un rumore nel corridoio. Sapeva ora che era probabile che qualcuno stesse girovagando per la casa. Sapeva che poteva essere molto pericoloso, però in qualche modo si ritrovò ad aprire la porta e uscire nella galleria. L’unica cosa cui pensava era che doveva impedire un altro incendio. Come uscì dalla camera, vide qualcuno avvicinarsi. Il personaggio si fermò quando sentì la porta di Jane aprirsi. Jane ansimò a quello che vide. Di fronte a Jane c’era una donna con capelli lunghi, scuri. Era alta e pesante con il viso gonfio e rosso. I suoi occhi erano rossi e sembrarono fissare in modo assente avanti a se. Portava una candela. Il suono dell’anelito di Jane sembrò scuoterla dalla sua trance. La donna ansimò anche e poi sembrò confusa.

Jane non sapeva cosa fare. Sapeva di dover fuggire, ma stette radicata al pavimento. Sentiva un bisogno opprimente di vedere la donna che il sig. Rochester aveva sposato, perché Jane poteva solo presumere di avere davanti la sig.ra Rochester.

L’espressione della donna cambiò da confusa a spaventata. “Dove sono?” chiese.

Jane si sorprese che la donna non faceva nessuna mossa per attaccarla. “Sei nella galleria.” Poi aggiunse, “a Thornfield.”

La donna sembrò insoddisfatta della risposta. “Voglio andare in Inghilterra. Lui disse che mi avrebbe portato in Inghilterra. Penso che sia morta e sono andata all’inferno. Sono all’inferno?”

Jane tentò di dare alla donna un sorriso confortante, “No. Tu sei in Inghilterra.”

La donna scosse la testa. “Questa non può essere l’Inghilterra. Lui mi ha portato all’inferno perché non mi ama. Dice che sono intemperante ed impudica. Mi odia perché tutti pensano che io sono pazza. Pensi che io sia pazza?”

“No,” mentì Jane, sperando di tenersi al sicuro.

“Mi rinchiude perché non mi ama più. Ti ama?”

Jane non poteva credere la domanda. Come poteva pensare questa donna una cosa simile? Rispose quello che sapeva, “No. Non mi ama.”

“Come ti chiami?” chiese la donna.

“Mi chiamo Jane. Sei Bertha?”

Improvvisamente la donna sembrò adirata e scosse violentemente la testa. “No no no! Lui mi chiama Bertha. Tutti prima mi chiamavano Antoinette.”

“Molto bene,” disse Jane. “Piacere di conoscerti, Antoinette.” Jane decise di essere il più gentile possibile. Forse quello avrebbe rispedito la folle di nuovo disopra.

“Puoi aiutarmi?” chiese Antoinette.

“Cosa posso fare per te?” chiese Jane, chiedendosi cosa stava facendo, offrendo a questa donna qualsiasi cosa.

La faccia di Antoinette divenne disperata. “Aiutami. Fammi uscire da qui. Non voglio più essere nell’inferno. Voglio andare in Inghilterra o ritornare a casa a Giamaica. Voglio andare a casa mia in Coulibri, ma non posso perché è bruciata completamente quando ero bambina.”

“Mi dispiace, Antoinette,” disse Jane. “Non posso aiutarti.”

Lacrime sgorgarono dagli occhi di Antoinette. “Nessuno mi vuole aiutare. Ognuno al quale chiedo dice che devo stare qui in questo inferno. Sai che mio fratello Richard venne a vedermi una volta? Gli chiesi di portarmi via. Ha rifiutato. Grace mi dice che quando venne a vedermi, io gli chiesi di portarmi via. Richard disse che non poteva interferire legalmente tra mio marito e me. Grace mi dice che poi io l’ho pugnalato e ho cercato di morderlo, ma non ricordo questo. So solo che non ho più il mio coltello. Ti ho raccontato che Grace una volta mi ha portato in Inghilterra? Grace si addormentò dopo che avevamo pranzato ed io comprai il coltello da una vecchia donna. Le diedi il mio medaglione per quello. Il mio patrigno, il sig. Mason, mi diede il medaglione prima di morire. Era tutto ciò che avevo. Volevo il coltello per sentirmi sicura. Ho tanta paura.”

Jane ebbe pietà della donna singhiozzante di fronte a lei. “Non c’è nulla di cui avere paura. Sei al sicuro nella tua stanza.” Sperava che Antoinette avesse preso il suggerimento e sarebbe tornata nell’attico.

Antoinette continuò. “Richard non mi aiuta. Penso che mi abbia sempre odiato. Sai che molti anni fa io ero in vacanza da scuola, noi abbiamo passato insieme l’estate nella tenuta del sig. Mason? Là c’era una piscina, dove mi piaceva andare nei pomeriggi caldi. Ci andai un pomeriggio, ma Richard era già là. Era con il suo amico Adam. Adam era così bello. Non mi videro quando mi avvicinai ed io li vidi nella piscina. Poi li vidi baciarsi e toccarsi. Io ansai e Richard guardò su e mi vide. Penso che mi odi sin da allora. È sempre stato freddo e distante con me. Mi presentò a Edward e gli diede tutti i miei soldi così che mi sposasse.”

Jane fu sconvolta da quello che sentì. Questa donna era veramente matta. Di cosa stava parlando?

“Sono così sola,” singhiozzò Antoinette. “Ho tanta paura.” Crollò sul pavimento e singhiozzò piano.

Jane sentì più passi nella sala. Presto fuori dalle ombre venne la figura di Grace Poole. Sembrava stanca e instabile. Vide Jane stare presso la figura curvata di Antoinette.

“Cosa sta succedendo qui?” chiese. “Signorina Eyre, non dovresti girovagare.”

Jane non sapeva cosa dire. “è tutto a posto, Grace. Lo so. So tutto.”

Grace sembrò riprendersi rapidamente. “Signorina Eyre, è molto pericoloso per te essere qua fuori uguale quello che sai. Ti ho detto in passato di tenere la porta chiusa. Ti suggerisco di tornare nella tua stanza e farlo adesso.”

Jane non poteva ignorare il tono di comando di Grace. Si voltò e risalì alla sua stanza. Poteva sentire Grace che tenta di blandire Bertha di alzarsi e ritornare all’attico. Da quello che poteva dire Jane, la folle andò spontaneamente. Quindi questa era la donna che aveva sposato il sig. Rochester. Era veramente una folle… riempita con abbastanza odio da pugnalare il fratello e bruciare suo marito. Però ancora desiderava l’amore del sig. Rochester. Jane poteva quasi comprenderla. Come spaventata come era di Bertha Rochester, provava un enorme pietà per lei.





 
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Li Ping
view post Posted on 22/4/2008, 20:18




capitolo 4

Tutta la settimana Jane l’aveva evitato. Quando Edward cercava di parlarle durane il giorno, lei era molto corta con lui, sempre troppo occupata per parlare. Quando tentava di farla chiamare di sera, non si trovava in nessun luogo. Rochester chiese alla sig.ra Fairfax se Jane avesse detto dettagli sulla sua partenza come dove progettava di stare o il nome del suo procuratore. La sig.ra Fairfax rispose nel negativo. Se Jane Eyre aveva piani su dove andare, non gli diceva a nessuno. Rochester finalmente riuscì a trovare Jane la notte prima della sua partenza. Non fece chiamarla o la cercò, dato che questo solamente sembrò farla scomparire. Invece attraversò soltanto le stanze principali della casa i intorno ai terreni di Thornfield, sperando d’incontrarla. La trovò nel giardino vicino al vecchio castano. Jane non era mai stata bella, ma si era trasformata durante il soggiorno a Thornfield. C’era più colore nelle sue guance pallide. La sua figura era robusta. I suoi tratti si erano ammorbiditi. Una volta aveva solo favorito sobri vestiti neri e grigi. Ora indossava un vestito di percalle rosa. Il colore le donava. Thornfield era stato buono con lei. Continuerebbe a essere un luogo felice per entrambi se solamente sarebbe rimasta. Rochester chiamò il suo nome. Jane si voltò. Che gioia gli procurava guardare la sua faccia. Quanto l’addolorava ancora vederlo così pieno di tristezza.

“Buona sera, sig. Rochester,” gli disse.

“Buona sera, Jane. Sono molto lieto di trovarti qui stasera. Stavo cominciando a preoccuparmi che mi stavi evitando.”

“No, signore,” rispose Jane. “Sono solo stata occupata con i preparativi per il viaggio.”

Rochester poteva confutarlo facilmente siccome Jane non sembrava mai essere molto in casa, ma aveva poco desiderio di discutere quella notte. Decise di chiedere semplicemente più sui suoi piani. “Sai dove starai a Londra?” le chiese.

“No signore,” disse Jane. “Il mio procuratore si prenderà cura di questo.” La sua risposta era così brusca che era ovvio che Jane voleva fermare un ulteriore indagine.

“Quindi andrai via e dimenticherai il tuo vecchio padrone?” chiese Rochester. “Stavi progettando di dire ciao a tutti?”

“Non ti dimenticherò mai, signore. Sarebbe impossibile.”

Rochester voleva stuzzicarla, ma vide che Jane era oltre il stuzzicare. La tristezza negli occhi della ragazza persisteva. Rochester si disse che doveva parlare ora. Non ci sarebbe stato più nessun discorso della sua partenza. Questo era un discorso inutile. Finalmente parlò le parole del suo cuore.

“Jane,” disse. “Se tu non desideri addolorarmi, non devi andare.”

Jane gli rispose solo freddamente. “Sì, signore, devo. Mio zio lo desidera.”

Rochester sentì le lacrime nella sua voce. Sperava di alleviare il suo dolore con alcune parole. “Jane, tuo zio non può costringerti a andare via da qui se io ti faccio mia moglie.” Rochester vide un’occhiata sbalordita venire sulla sua faccia. Prese la sua mano e continuò. “Jane, io ti amo. Ti amo come la mia carne. Ti voglio come mia seconda metà, la mio migliore compagna terrena. Jane, mi vuoi sposare?”

Jane sembrò anche più scioccata. “Non puoi dire sul serio.”

Quindi era questa la ragione perché era così distante. Era perché non poteva credere che l’amava?

“Io l’intendo, Jane. Se un giuramento è necessario per soddisfarti, io lo giuro.”

Jane sembrò percorrere la sua faccia per cercare un segno d’insincerità. Finalmente parlò. “Signore, non posso sposarti.” Jane tirò via la mano. “Mi dispiace molto.” Una lacrima scivolò sulla sua guancia. Rochester alzò la mano per asciugarla.

“Perché Jane?” chiese.

Lui bramava di portare via la sua tristezza. Appena Rochester la toccò, Jane girò la faccia e gli rivolse di nuovo la schiena. Rochester rispose alla sua domanda per lei.

“Allora non mi ami? Mi ero convinto che quei sorrisi dolci che mi hai dato erano veri. M’ingannavo che tu avessi dell’affetto genuino per me. Stai dicendomi che mi ero sbagliato?”

Jane l’affrontò di nuovo. Rochester vide i suoi occhi verdi pieni di lacrime. Jane sembrava stesse lottando per parlare. “Io ti amo,” disse. Ti amo più di quello che posso fidarmi di dire. Tutto il mio cuore è tuo. Il pensiero di lasciarti mi colpisce con terrore. Ma questa è l’ultima volta che lo dirò, e non devo appagare il sentimento.”

Per un momento il suo cuore si gonfiò di gioia. Jane l’amava. Sembrava che Jane l’amasse tanto quanto lui. Però la domanda rimaneva ancora e Rochester doveva chiederla. “Perché Jane?” chiese. “Perché questa è l’ultima volta?”

Lo sguardo di Jane divenne grave e serio. Il suo sguardo era diretto. C’era qualcosa di quasi accusatorio nel suo viso. Prima ancora che aprisse la bocca per parlare, Rochester capì che il giorno del suo giudizio era arrivato, ma come?

Jane parlò. “Quando scrissi a mio zio, lui mi disse di lasciare Thornfield perché non è sicuro. È un amico del sig. Mason.”

Edward sentì il sangue scorrerli via dal volto. Fece un passo indietro e riprese fiato. Aveva detto una volta che le due persone capaci di provocargli il danno più grande erano Jane e il sig. Mason. Ora la cosa che più temeva era avvenuta. Doveva sapere cosa conosceva Jane. “Cosa ti ha raccontato tuo zio su Richard Mason?” chiese.

“Mi ha raccontato che veniva da una famiglia molto agitata. C’era una storia di pazzia e altri guai. Ha detto che tu malgrado tutto hai sposato la sorella del sig. Mason perché non avevi una propria fortuna.”

Edward si sentì calunniato. Questa era la versione di Mason della storia? Sentì la sua rabbia aumentare. “Quindi Jane, credi che ho sposato la folle così da poter mettere le mani sul patrimonio piuttosto grande dei Mason?”

Jane scosse la testa. “Non so cosa credere. So solo che tu sei un uomo sposato. Solo per quella ragione non posso rimanere a Thornfield e sposarti.”

Rochester aveva cercato di stare calmo, ma non era un uomo gentile o spassionato. Trovò che l’ira contro tutti quelli che l’avevano offeso sorgere dentro di lui. Non lascerebbe offendersi anche da Jane. “Jane! Non mi chiamare sposato. Sono stato orrendamente ingannato. Quella terribile strega nell’attico che brucia le persone nei loro letti e morde la carne dalle ossa non è mia moglie.”

Jane sembrò sorpresa e rattristata dal suo scoppio. Lacrime cominciarono di nuovo a scorrerle sulla faccia. “Signore, sei inesorabile per quella povera signora. Non è colpa sua se è pazza.”

La paura e lo shock di Jane frenarono la sua ira per un momento. “Jane, credi veramente che la odio perché è pazza? Pensi che ti odierei se tu fossi pazza?”

La replica di Jane era corta e devastante. “Sì, lo credo.”

“Jane, non conosci l’amore cui sono capace. Ogni atomo della tua carne mi è così caro in malattia e in salute. La odio perché sono stato orrendamente ingannato dalla famiglia Mason. Per favore Jane. Fammi raccontare cosa mi è successo. Per favore.”

Rochester le prese la mano e la condusse alla panca sotto l’albero. Jane seguì di malavoglia. La ragazza cominciò a singhiozzare appena si sedette. Rochester si sentì leggermente importunato con questo. L’implorò di ricomporsi così da poterle raccontare la sua storia.

“Taci, Jane. Taci e asciuga gli occhi.” Senza pensare tentò di calmarla mettendo le braccia intorno a lei. Jane s’irrigidì e si mosse via. Rochester sospirò e la lasciò piangere. Quando cominciò a comporsi Rochester la implorò, “Jane, per favore vuoi sentire ragione? Fammi dire perché non sono un uomo sposato.” Jane lo riguardò con un’occhiata interrogativa fredda, ma non lo fermò dal parlare.

“Mio padre era determinato a lasciare tutto il patrimonio a mio fratello Rowland, ma non voleva vedere il suo figlio minore divenire un uomo povero. Era amico con il sig. Mason – il patrigno di Bertha – che aveva una figlia che voleva sposare a un rispettabile inglese. Il padre di Bertha, un uomo di nome Cosway, morì delirante ubriaco quando la sua tenuta andò a rotoli dopo che gli schiavi in Giamaica furono emancipati. Bertha, sua madre e l’idiotico fratello più giovane vivevano in completo isolamento e povertà. Presto i semi della pazzia cominciarono a prendere radice nella madre e la figlia. Vecchio Cosway aveva molti bastardi con le donne locali e Bertha era vicina a alcuni dei suoi parenti meticci. Anche dopo che Jonas Mason sposò la madre, Bertha aveva molti amici che preoccupavano la sua famiglia. Alcuni anni dopo che Mason sposò la madre, la pazzia prese completamente presa di quest’ultima e fu rinchiusa in un asilo. C’era paura che la figlia avesse lo stesso destino della madre così come paura sulle sue relazioni con i ragazzi locali.”

“Io non sapevo nulla di questo, quando venni a Giamaica per sposare una sposa già corteggiata per me. Jonas Mason era morto nel frattempo e suo figlio Richard era ansioso di avere carico di Bertha via dalle mani. Mi era stato detto che erano ansiosi di sposarla a un gentiluomo rispettabile di buona razza e di buona famiglia che si sarebbe preso cura di Bertha e del suo patrimonio piuttosto grande. Mio padre non era ignorante della storia della famiglia Mason, ma si rifiutò di dischiudere qualsiasi cosa perché pensava solo alle trentamila sterline coinvolte. Quando l’incontrai per la prima volta fui abbagliato. Era bella. Mi adulava. Pensavo di amarla. Appena sposati cominciai a sentire le dicerie sulla famiglia di Bertha. Parenti bastardi di lei cominciarono a chiedermi soldi per stare zitti. Non potevo negare che c’era qualcosa che non andava con mia moglie. Era completamente aliena a me in temperamento. Non potevo passare una serata in conversazione civilizzata con lei. I suoi gusti e maniere erano completamente diversi dalle mie. Aveva insoliti moti di rabbia. Divenne abusiva contro di me. Dopo quattro anni con una moglie che i dottori avevano dichiarata pazza, e stanco al punto di suicidio del clima oppressivo della Giamaica, la portai in Inghilterra. Credevo che se non raccontavo a nessuno del mio matrimonio e la tenevo nascosta, potevo semplicemente dimenticarla e trovare una donna che potevo amare.”

L’interesse di Jane sembrò risvegliato per un momento. “Hai trovato tale donna?” chiese.

Rochester guardò nei suoi occhi e le prese la mano. “Sì, ho trovato una ora.”

Jane tirò via la mano. “Volevo dire prima di incontrare me, sig. Rochester.”

Le raccontò delle sue amanti e i rammarichi che aveva circa esse. “Noleggiare un’amante è come comprare un schiavo,” le disse. Jane, corretta ragazza inglese educata a Lowood, sedette in aspro giudizio di queste confessioni nonostante le sue proteste di essere disgustato con se stesso per tale comportamento.

“Jane, io venni a Thornfield l’inverno scorso, libero di tutte le amanti, e completamente amaro della mia vita e poi ti incontrai. Mi hai stregato, Jane. Mi hai affascinato dal primo momento. Presi piacere nello sfidarti. Mi piaceva il suono del mio nome pronunciato dalle tue labbra. Ti guardavo come andavi dalla silenziosa, timida scolara alla donna saggia e arguta che sei diventata. Non sopporto l’idea di dividermi da te. Mi hai salvato da una vita disagevole.” Rochester cadde in ginocchio e le prese la mano. “Jane, io non sono sposato. Vieni via con me e sii mia moglie. Ti sarò fedele finchè vivremo. Non ti farei mai fare un errore e farti la mia amante.”

Jane scosse la testa. “Signore, tua moglie è viva. Se andrei via con te, sarei la tua amante. Dire altrimenti sarebbe falso.”

Rochester si alzò e si allontanò da lei tentando di comporsi. Poi l’affrontò di nuovo. “Jane, non c’è bisogno che si sappia. Possiamo fuggire da Thornfield. Ho il mio capanno di caccia che è molto lontano da qui. Possiedo anche una villa nel sud della Francia sul Mediterraneo. Vivresti una vita tranquilla e serena. Non offenderesti nessuno vivendo con me.”

Per un momento Jane sembrò tentata. Sapeva che era vero. L’unica famiglia che aveva era il suo zio morente. Nessuno nella vita di Jane si preoccupava di lei come faceva Rochester, e Jane lo sapeva.

Quando Rochester vide lo sguardo che le attraversò il viso, implorò, “Jane, per favore, dammi solo questa promessa di essere mia.”

Ma poi la vide scuotere la testa. L’educazione religiosa di Jane non lascerebbe spazio mai a girarsi contro la sua coscienza. Considerando tutto quello che aveva sentito come aveva chiuso via la moglie e aveva avuto tre amanti, non poteva quasi biasimarla.

Però quando Jane parlò nel suo tomo calmo e razionale e disse, “non posso essere tua,” tutta la sua ragione scappò.

“Pensa alla mia vita quando andrai,” l’implorò. “Ogni felicità sarà lacerata da me. Cosa farò per compagnia? Dove posso trovare conforto?” ora era completamente abbattuto. Lacrime scorrevano liberamente sulle sue guance, ma nel stato frenetico e disperato, non aveva spazio per la vergogna.

Jane stette decisa in piedi. “Fai come faccio io. Abbi fiducia in Dio e in te stesso. Credi nel cielo e spera che ci possiamo rincontrare là.”

“Allora mi lascerai allora? Mi condannerai a vivere disgraziato e morire maledetto?”

“Io ti avviso di vivere innocente e desidero che tu muoia tranquillo.” Si oppose Jane.

“Ma tu mi getti di nuovo su vizio come occupazione e l’avidità di una passione?”

Jane rispose caldamente di nuovo, “non desidero quel destino per te più di quando lo desideri per me stessa.”

“Ma te ne andrai?”

“Me ne vado.”

“Il mio dolore selvaggio, la mia preghiera frenetica non può trasportarti?”

“Me ne vado.”

Non poteva fermarla. Tutte le falsità, tutti gli scandali e vizi, ritornavano a bazzicarlo in questo momento. Non poteva farla rimanere. Desiderava prenderla semplicemente tra le braccia e farla rimanere, ma sapeva di non poterlo fare. Se Jane non sceglieva di stare, non poteva costringerla, o veramente sarebbe il mostro che aveva sempre creduto di essere.

“Vattene allora, io acconsento, ma sappi che mi lascerai un uomo rotto.”

Jane si girò e si allontanò da lui. Rochester era sommerso dal dolore.

“Oh Jane, mia speranza, mio amore, mia vita,” gridò.

Poi incapace di fare un altro passo, crollò singhiozzando sopra una panca. Si curava poco di come poteva sembrare. Non poteva controllare la tremenda marea di dolore che gli veniva addosso. Poi sentì passi. Jane stava ritornando? Aveva cambiato idea? Rochester sentì la sua mano accarezzargli i capelli. Si voltò verso di lei e Jane gli baciò la guancia.

“Addio mio caro padrone, e grazie per la tua grande gentilezza,” disse Jane. Poi si drizzò ancora una volta. “Possa Dio benedirti e ricompensarti.”

“Il tuo amore sarebbe stato la mia ricompensa migliore,” rispose Rochester. “Tu me lo darai nobilmente, generosamente.” Si alzò e aprì le braccia. Era come un matto adesso. Spaventata Jane corse via. Rochester crollò di nuovo sopra la panca e singhiozzò finchè non ebbe più niente dentro. Non ritornò alla casa per molte ore, né dormì quella notte. Avrebbe ritrovato Jane. In qualche modo troverebbe una via per essere di nuovo insieme.



 
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Hyena88
view post Posted on 18/5/2008, 22:02




Ora.
Io ti avevo dato il beneficio del dubbio per un po’: avevo pensato che, MAGARI, non avevi letto i miei MP.
Ma dal momento che ormai da un bel pezzo ho ricevuto la conferma di lettura some giunta alla conclusione che tua abbia semplicemente deciso di ignorare la richiesta di cancellare i tuoi plagi. Dal momento che non lo hai fatto, provvederà ad incollare il messaggio che ti ho spedito con tutti i link delle fanfiction che hai plagiato in TUTTE le discussioni tu abbia mai aperto per postare il lavoro altrui. Ti avevo avvertita, e tu hai ignorato l’avvertimento. Peggio per te.


Carissima Chen06,

o forse dovrei chiamarti "Ping"? Oppure preferisci "Li Ping", che suona meglio? O magari "Usagi Chiba" ti suona di più?
Bah, scegliti il nick che preferisci. Nel dubbio ti chiamerò "eccellentissima idiota". Appropriato, direi.
A questo punto dovresti avere già intuito lo scopo di questo messaggio, ma dal momento che la furbizia non è decisamente il tuo punto forte vedrò di illuminarti. A quanto pare il fatto che il tuo account sia stato bloccato sia su EFP che su "Sweet Words" non è bastato a farti capire che qualcuno ti aveva beccata.

Il plagio è qualcosa di vile. Ti appropri del lavoro e delle fantasie di un'altra persona, facendolo passare per farina del tuo sacco, e onestamente lo trovo un atto che denota una pochezza mentale notevole.
Con quale arroganza ti arroghi il diritto di spacciare il lavoro altrui come tuo? Prendere la storia di qualcun altro e tradurla (male) non la rende tua, in nessun modo.

(Aprendo una piccola parentesi, la tua grammatica italiana è pessima. E, a quanto mi riferiscono, quella tedesca non è migliore. Prima di tradurre SENZA PERMESSO le opere di qualcun altro, assicurati almeno di esserne capace. Ignorante.)

Al di là della tua pessima grammatica, la mole di traduzione che hai portato a termine è impressionante. Valeva davvero la pena sprecare tanto tempo ed energie per rubare il lavoro altrui anzichè adoperarli per qualcosa di più produttivo? Tipo scrivere delle storie TUE, magari.
Devo concluderne che o non hai un accidente da fare tutto il giorno e ti diverti a fare la figura della perfetta imbecille, oppure sei alla disperata ricerca di un po' di attenzione. Se sei un' imbecille senza una ceppa da fare non posso farci nulla, ma se è attenzione che cerchi ti consiglio di cercarla nella vita reale e con le tue forze e capacità. In entrambi i casi, ti consiglierei di farti dare un'occhiatina da uno psichiatra di quelli bravi.

Non sono stata l'unica a beccarti, come potrai facilmente immaginare: parecchia gente sul web è al corrente di quello che fai. Come forse avrai già scoperto c'è chi si sta attivando anche sui siti tedeschi per far vedere a tutti che sei una plagiaria. Era questo il genere di attenzione che volevi?
Contenta te, tesoro, contenti tutti.

Ma lasciamo da parte questi convenevoli e veniamo al dunque, carissima.

Ti si chiede di combinarne una giusta e di togliere TUTTI i plagi che hai postato in siti quali "Leggere e Scrivere", "Eyes on anime", "Fanfiction Mania" e "Fanfiction Writers Forum".
Quali siano le storie che hai plagiato (un numero impressionante, complimenti, genio) lo sai anche tu, quindi penso sia inutile ripetertele, no?

Solo per citarne alcune: "25 bocconcini", "30 ricordi", "Fiocchi di neve", "Gardenia", "Best man for the job", "sorprese imbarazzanti", "Puntini e trattini", "Tra realtà e fantasia", "Una
dozzina di rose rosse", "Un'eccellente confusione", “Un bacio è un bacio”... e tutte le altre che ora come ora non mi ricordo. Ti consiglio di non fare la furba e di cancellarne solo alcune, me ne accorgerei. Perchè, tanto per la cronaca, da questo momento in poi terrò d'occhio TUTTI i siti di fanfiction italiani per assicurarmi che tu (o nessun altro) ripeta lo scherzetto. Qualunque discussione tu apra per postarvi i tuoi plagi, questo messaggio vi verrà postato in tempo record. Soffro d'insonnia, ergo di tempo libero da perdere dietro certe stronzate ne ho parecchio.

Ancora una cosa: so per certo che non risponderai mai a questo messaggio, i plagiari sono codardi per natura. Ma voglio sfidare la sorte e chiederti di rispondermi: perchè diavolo hai fatto tutto questo? Ti sei fermata anche solo per un secondo a pensare come ti saresti sentita se un TUO lavoro fosse stato plagiato in maniera così grossolana?

Pensaci bene e, sa hai un minimo di coraggio, rispondimi. Ma devo dire che
non ci spero nemmeno.

Sinceramente disgustata,

Alessandra.


QUI DI SEGUITO RIPORTO I TITOLI E I LINK ORIGINALI DELLA FANFICTION PLAGIATE DALL’UTENTE CHE SONO RIUSCITA A RINTRACCIARE, MA SONO CERTA CHE ANCHE ALTRE DELLE SUE “OPERE” SIANO PLAGI.

"Una dozzina di rose rosse" (link alla fanfiction originale: http://trevizo.org/fanfic/Dozen.htm )
"Tra realtà e fantasia" (link alla fanfiction originale: http://www.fanfiction.net/s/2965811/2/ )
“Un eccellente confusione” (link alla fanfiction originale: http://www.fanfiction.net/s/3532106/1/ )
"25 bocconcini" (link alla fanfiction originale: http://www.fanfiction.net/s/2787694/1/25 )
"30 ricordi" (link alla fanfiction originale: http://www.fanfiction.net/s/3041863/1/ )
"Fiocchi di neve" (link alla fanfiction originale: http://www.fanfiction.net/s/2644536/4/ )
"Gardenia" (link alla fanfiction originale: http://www.fanfiction.net/s/2644536/29/ )
"Best man for the job" (link alla fanfiction originale: http://www.fanfiction.net/s/2644536/12/ )
"Sorprese imbarazzanti" (link alla fanfiction originale: http://www.fanfiction.net/s/2644536/4/ )
"Puntini e trattini" (link alla fanfiction originale: http://www.fanfiction.net/s/2644536/2/ )
 
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