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Racconti di magia

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Gennarus
view post Posted on 24/4/2008, 21:12




TITOLO: Racconti di magia
AUTORE: Gennarus
GENERE: Triste, Dark, Drammatico
RATING: Verde
PRESENTAZIONE: Qui raccolgo tutte le mie fanfiction one-shot che, per la loro impostazione e la loro brevità, possono essere definite racconti. In ognuno di questi viene approfondito un particolare momento della vita di alcuni personaggi poco trattati nei romanzi della Rowling.


PRIMO RACCONTO
CARO SIGNOR SILENTE

Pubblicato originariamente il 28/06/2006



Albus guardò con il cuore affranto il gufo che precipitava velocemente dal cielo.
Accanto a lui il padre, con un sorriso stampato sul volto, si congratulava con se stesso; era il quinto guficidio che compiva nel giro di tre giorni e ciò lo rendeva molto fiero.
Albus, invece, non riusciva a comprendere le ragioni di tanta crudeltà.
Tre giorni prima la madre, vedendo un gufo che planava sulla propria casa in pieno giorno, aveva ordinato al marito, con tono imperativo, di uccidere “quella disgustosa bestia del malaugurio”. Il coniuge, lieto di poter fare finalmente qualcosa in quella noiosa giornata estiva, corse nella sua stanza da letto ammobiliata in maniera rurale e tirò fuori da un piccolo baule locato sotto il letto, una fionda. Poi corse goffamente in giardino e con un secco schiocco dell’arma uccise quel povero animale che si apprestava ad atterrare, ignaro del suo destino. In quei pochi giorni quella scena si era ripetuta per ben altre quattro volte.
“Albus, perché il babbo fa così?” domandò il fratello minore al giovane ragazzo.
Questi guardò attentamente il padre con gli occhi chiari poi, rivolgendosi al fratello, disse “Non lo so”.
Il padre dei due raggiunse la carcassa dell’uccello, che si era schiantato nei pressi della stalla.
Quella bizzarra famiglia risiedevano in una sperduta casa bucolica situata nella campagna di Dumfries, piccola città nel sud della Scozia.
L’abitazione era di pietra ed era circondata da ettari di piantagioni di grano. Albus amava rifugiarsi lì quando era triste. Così fece anche quella volta. Corse velocemente in direzione delle alte piante che coprivano tutto il suo corpo e non permettevano a nessuno di scovarlo. Forse proprio per questo motivo mai nessuno lo aveva scoperto in quel posto. Tranne la madre.
Questa aveva una strana capacità (o fortuna, come diceva sempre il giovane) nello scovare i suoi figli. Riusciva a trovarli nei posti più nascosti e remoti. Ma ciò non valeva solo per la propria prole. Quando cercava un oggetto, che per gli altri era introvabile, spesso, dopo pochi, secondi lo ritrovava nella sua mano o lì vicino.
Anche ad Albus era capitato qualche volta, ma mai con la quotidiana frequenza della madre.
In quel momento il ragazzo dagli occhi chiari pensava proprio a quello, all’incredibile capacità della mamma di riuscire a stanarlo in ogni occasione: era un fenomeno incredibile, bizzarro o come amava definirlo il fratello…magico!
Anche quella volta la madre del giovane ragazzo scovò il proprio figlio nelle sconfinate piantagioni di grano. “Eh, eh…devi cambiare nascondiglio, mio caro! Anche se non credo che servirà a qualcosa!” disse sorridendo la madre.
Il ragazzo non ricambiò il sorriso ma sbuffò innervosito. La donna, dopo aver servito una misera minestra al figlio, lo accompagnò nella sua camera e gli augurò la buona notte. Dopo poco arrivò l’altro bambino che, stanco, si coricò immediatamente. Il fratello maggiore invece continuò a pensare a quel crudele guficidio. Perché uccidere quei volatili che non avevano fatto niente di male? La madre, come il papà, non avevano detto niente. In quegli ultimi giorni era vietato toccare quell’argomento. Tra questi pensieri Albus si addormentò stanco della giornata appena passata.
Fece strani sogni quella notte: per la mente gli passarono le immagini del suo undicesimo compleanno appena passato, proprio tre giorni prima; poi sognò un gigantesco gufo che lo portava su di uno scarlatto treno a vapore che a sua volta conduceva il ragazzo in un magnifico castello pieno di gente strana con strane bacchette di legno e…
Il sogno s’interruppe di colpo. Il ragazzo fu svegliato da un acuto ticchettio che proveniva dalla sua sinistra.
Albus aprì gli occhi e vide che suo fratello stava dormendo. Poi si girò e cercò d’individuare da dove provenisse quel fastidioso rumore. Ben presto si accorse che l’ennesimo gufo stava picchiettando sulla finestra con un’insistenza disumana.
Corse ad aprire la i vetri e fece entrare il pennuto che planò per la camera e poi atterrò elegantemente sul letto. Il ragazzo notò che l’animale aveva una lettera legata alla propria zampa destra. Prima di cercare di prenderla ispezionò attentamente lo strano volatile: era nero come la notte ed aveva un manto particolare, come di velluto. I due occhi gialli, che impressionavano leggermente il ragazzo, perlustravano con severità la camera. Alla fine Albus decise di prendere la lettera. Con cautela si avvicinò al gufo e gli tolse delicatamente la lettera.
Questa era legata con una sottile corda bianca all’estremità inferiore dell’arto dell’animale.
Riportava una scritta di un verde smeraldo che, in lettere eleganti, diceva “Signor Albus Silente, Cameretta, Casa nella sperduta campagna, Dumfries”.
Albus lesse a stento quelle poche parole. Il ragazzo non sapeva leggere perfettamente. Gliel’aveva insegnato anni prima la madre, ma il giovane non aveva avuto molte occasioni di lettura, quindi non era sciolto nel leggere.
Incoraggiato dal gufo nero aprì incerto la lettera e cominciò a leggere con estrema difficoltà, al buio, le lettere che erano state impresse su di una carta di pergamena gialla:


SCUOLA DI MAGIA E STREGONERIA DI HOGWARTS
Direttrice Araminta Biancospino
(Ordine di Merlino, Terza Classe)

Caro signor Silente,
siamo lieti di informarLa che Lei ha diritto a frequentare la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Qui accluso troverà l’elenco di tutti i libri di testo e delle attrezzature necessarie.
I corsi avranno inizio il 1° settembre. Restiamo in attesa della Sua risposta via gufo entro e non oltre il 31 luglio p.v.

Con ossequi
Phineas Nigellus
Vicedirettore


Albus non credeva a ciò che leggeva. “Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts”…che cos’era?…”Restiamo in attesa della Sua risposta via gufo”?
Il ragazzo cominciò a riflettere ancora sotto shock ma ad un certo punto i suoi pensieri disordinati e ancora confusi furono interrotti.
La porta della camera di Albus, che era chiusa, fu scaraventata violentemente per terra. Si alzò molta polvere che coprì l’unica via d’accesso e d’uscita della stanza.
Il ragazzo notò che una figura oscura si profilava nell’oscurità. Strinse gli occhi per migliorare la sua visuale. Cominciò via via a farsi sempre più definita una sagoma tipicamente femminile.
Alla fine il giovane distinse chiaramente il corpo di sua madre ed il suo viso. Aveva le vene a fior di pelle; i suoi capelli neri erano più scuri che mai…sembravano pece. Gli occhi chiari, che aveva tramandato al figlio, erano diventati anch’essi neri come la più profonda oscurità. Il pugno destro della donna stringeva saldamente una bacchetta di legno, come quelle che Albus aveva visto nel suo sogno.
La donna, con una voce che il ragazzo non aveva mai sentito in vita sua, scandì chiaramente le parole “ACCIO LETTERA”.
Albus si vide togliere dal nulla la lettera che improvvisamente andò a finire con un breve volo nelle mani della madre. Questa poi improvvisamente puntò la bacchetta di legno sulla lettera e, dopo aver pronunciato la parola “Fuoco”, provocò una fiamma di uno strano verde che bruciò il foglio di pergamena.
Infine la donna ripuntò la bacchetta in direzione del figlio, che si trovava proprio accanto al gufo nero stranamente impassibile, e pronunciò alcune parole che per Albus erano sconosciute:
“AVADA KEDAVRA!”



FINE





Questa versione de "Caro Signor Silente", che avete appena letto, è stata leggermente modificata rispetto alla versione originale.



SECONDO RACCONTO
LA PIUMA DELLA FENICE

Pubblicato originariamente il 4/01/2006



Era la prima volta per Tom.
Non aveva mai visto quel vecchio e bizzarro locale a Londra; dopotutto lui non aveva visto quasi nulla nella sua vita. Erano rare le volte in cui usciva dall’orfanotrofio: capitava una volta ogni anno, anche di più talvolta. Quelle poche volte in cui aveva avuto l’occasione di fuggire dalla sua triste residenza, era sempre stato accompagnato da un tutore ligio alle regole che non permetteva mai al ragazzo di far visita a qualcosa di bello o di eccitante.
Tom aveva visto solo le case di coppie di mezz’età desiderose di adottare un bambino, ma nessuna di queste, poi, aveva mai preso in affidamento il ragazzo. Lo consideravano tutti inquietante ed in qualche modo “strano”.
Ma ora era cambiato tutto: dopo aver ricevuto quella bizzarra lettera scritta con quell’inchiostro colorato la sua vita era diversa.
Si riprese e cacciò quei pensieri dalla sua mente: ormai tutto ciò era passato e lui doveva vivere il presente e pensare al futuro…un grande futuro.
Il suo accompagnatore, ora, lo dirigeva con la mano sulla sua spalla e salutava quei bizzarri tipi che sorseggiavano bevande altrettanto strane e colorate. Entrambi uscirono da una porta locata dalla parte opposta dell’entrata principale: si ritrovarono in un piccolo cortile delimitato da un muro di mattoni rossi. L’accompagnatore estrasse dalla tasca una strana bacchetta di legno scuro e colpì con questa alcuni mattoni ben precisi.
Improvvisamente la barriera artificiale si aprì magicamente e permise a quello strano duetto di accedere in una larga ed affollata via piena di gente vestita con strani cappelli e mantelli altrettanto bizzarri. Molte di queste persone, se così si potevano chiamare, si fermavano innanzi a delle vetrine che esponevano dei prodotti alquanto rari, prodotti che non si potevano trovare nella Londra “normale”.
Una vetrina esponeva addirittura una gabbia piena di rospi vivi e saltellanti. Accanto a questa era situato, invece, un grande cesto su cui dormiva tranquillo un gatto persiano rosso delle dimensioni di un dalmata.
Tom guardò stupito tutto questo: era il suo paradiso. L’accompagnatore lo diresse verso un negozio di abiti dove, dopo aver fatto varie prove, acquistò una lunga veste nera ed un cappello molto strano. Seguì una visita al negozio d’animali dove però non potè acquistare niente. Sempre con la mano sulla spalla del ragazzo, l’uomo entrò in un negozio all’apparenza piccolo.
Era arredato con grandi scaffali alti parecchi metri. Su ciascuno di questi erano locate tante scatole strette e lunghe.
L’accompagnatore cercò il proprietario del negozio.
“Signor Olivander…è presente?”
Immediatamente uscì dal retrobottega un uomo basso con una faccia che dava evidenti segni di stanchezza. Aveva i capelli e la barba bianchi ed indossava una tuta da lavoro nera, simile a quella dei fabbri.
“Oh…buongiorno, buongiorno Albus. Come va? Tutto bene? Chi è il ragazzo?”
Tom guardò stupito il proprietario del negozio che poneva tante domande all’alto uomo che l’accompagnava.
“Buongiorno anche a te…mi serve una bacchetta per il ragazzo e…”
“Come mai l’accompagni tu?”
“Non ti riguarda” rispose Albus con un sorriso affabile. Il negoziante si zittì subito e cominciò a rovistare tra i vari scaffali. Alla fine estrasse una delle tante scatole e la porse al ragazzo che, indeciso, l’aprì.
“Su, su la apra signorino” incalzò Olivander.
Tom, aperta la scatola, afferrò la bacchetta e guardò con espressione interrogativa i due uomini.
“Agitala!” esclamò con calma il vecchio uomo che guardava con affetto il piccolo ragazzo.
Quest’ultimo agitò timoroso la bacchetta, e da questa ne uscì un forte boato che fece tremare la camera.
“No, no…affatto…non va bene…provi questa!” disse Olivander porgendo al ragazzo una bacchetta che aveva appena sfilato da una scatola locata in un basso scaffale.
Tom la provò, ma l’effetto fu simile a quello provocato dalla bacchetta precedente. E così fu per altre tre volte, finchè l’anziano accompagnatore disse al commerciante:
“Perché non gli fai provare quella lì?”. Indicò una scatola situata alla destra del ragazzo: era più larga delle altre confezioni, ed aveva un colore particolare che si avvicinava molto al verde.
Olivander si avvicinò perplesso alla scatola e l’afferrò.
“Uhm…uhm…forse…si…dai, provala!” ordinò al ragazzo che afferrò la bacchetta con un senso vago tra la noia e l’emozione. Tom agitò, quindi, la bacchetta e da questa uscì uno allegro spruzzo verde.
“Ah ah…beccata…complimenti per la scelta Albus ed anche a te, giovanotto…” il negoziante, però, si fermò all’improvviso e guardò sospettoso la bacchetta “Piuma di Fenice…ti ricorda qualcosa Albus?” domandò poi con un vago sorriso stampato sulla faccia.
L’accompagnatore ricambio e rise anche lui dicendo “Fanny!…che vuoi farci…è il destino”
Tom non capiva ma guardò soddisfatto la sua nuova bacchetta.
“Complimenti ragazzo. Ottima bacchetta! Farai grandi cose con questa…grandi cose…”


FINE



TERZO RACCONTO
OBLIVION

Pubblicato originariamente il 07/04/2007



La Martin Street era certamente la via più bella del piccolo villaggio.
Probabilmente mancava d’originalità ma quella sua classica, e per certi versi noiosa, monotonia suscitava nel passante una serenità ed una tranquillità che pareva nata per magia.
Le villette che la costituivano erano perfettamente allineate l’una accanto all’altra in due file parallele.
Ogni abitazione aveva davanti a se un giardinetto che, nella maggior parte dei casi, era perfettamente curato: allegri fiori e cespugli, alti alberi imponenti, qualche vispo cagnolino che, all’occasione, si esibiva in concerto.
Gilderoy Allock attraversò la strada con incedere elegante. Il mantello blu elettrico scivolava sul marciapiede con un delicato fruscio.
Un tipo piuttosto anziano lo osservava con curiosità: da dietro la finestra, non riusciva a capire cosa ci facesse questo bizzarro elemento in tunica e mantello, in piena estate.
Faceva molto caldo e poi, quell’abbigliamento non si usava neanche ai tempi di suo nonno.
Il mago proseguì indifferente ma consapevole delle numerose paia d’occhi puntate su di lui.
Ad un certo punto svoltò dinanzi ad una piccola villetta, l’ultima della fila sinistra.
Attraversò il giardinetto, ignorando il gatto che faceva la guardia con felina eleganza, e bussò sulla porta di legno scuro.
Si udì un leggero rumore di passi, molto delicato, finché un’anziana donna dai capelli bianchi ed il viso rugoso, aprì la porta.
Gilderoy Allock sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi poi cominciò a parlare:
“Buongiorno Miss Maureen. Sono Jerry Klugman del Magazine of the Misterious Cases. Sono qui per quell’intervista di cui avevamo parlato qualche giorno fa”.
La donna parve inizialmente dubbiosa. Strinse gli occhi e squadrò dalla testa ai piedi il sedicente intervistatore. Poi, tutt’a un tratto, le sue labbra formarono quello che era certamente un sorriso di benvenuto.
Il mago ricambiò ed entrò nella graziosa abitazione.
Un piccolo ingresso accoglieva, con i suoi piccoli quadri e la colorata tappezzeria, i visitatori.
L’anziana signora accompagnò il mago in un salotto che si affacciava sul giardinetto tramite due grandi vetrate. Si accomodò su di una poltrona ed indicò al suo ospite uno spazioso divano rivestito da una polverosa coperta blu e rossa.
Un po’ riluttante, Gilderoy eseguì “l’ordine”. Poi, sempre con il sorriso stampato sul volto, iniziò:
“Allora, signorina, mi potrebbe spiegare, sin dal principio, come ha salvato quel villaggio da un’invasione di Troll?”
Miss Maureen, più gaudente che mai, era eccitatissima ed al contempo felicissima.
Finalmente qualcuno che avrebbe fatto conoscere all’intera comunità magica la sua impresa.
Finalmente, dopo anni e anni, quell’affascinante uomo avrebbe reso nota una storia di cui lei andava orgogliosissima.
Ora, poteva morire con la consapevolezza di non essere ricordata solo dai suoi gattini, ma dal mondo intero!
Parlava, parlava e parlava, senza fermarsi mai.
L’uomo di fronte a lei prendeva appunti in fretta e con una capacità veramente ammirevole.
Quando la donna interrompeva il racconto per bere dell’acqua e riposarsi, lui l’incalzava e chiedeva che terminasse la storia con il maggior numero di dettagli possibile.
Erano passate circa due ore dall’inizio dell’intervista, quando Miss Maureen terminò.
Si rilassò, posando la testa sul divano, e socchiuse gli occhi.
Finalmente! Quale gioia e quale soddisfazione!
Quando riaprì gli occhi vide l’uomo in piedi. Era a pochi centimetri da lei e puntava minaccioso una bacchetta nella sua direzione.
“Mi dispiace” disse con il volto malinconico. Poi, con un sussurro, pronunciò le fatidiche parole:
“Oblivion”
Una luce verde riempì per alcuni brevissimi millesimi di secondo la camera.
Gilderoy Allock avvertì una lacrima rigargli la pelle. La cacciò con un brusco gesto della mano ed uscì dalla villetta.


***




Miss Agatha Maureen si alzò, come ogni mattina, al sorgere del sole.
Attraversò la casa ed uscì sul giardino dove l’attendeva la copia, fresca di stampa, della Gazzetta del Profeta.
In prima pagina il volto sorridente di un uomo, che la didascalia chiamava Gilderoy Allock, faceva bella presenza.
Sopra un titolo a caratteri cubitali:

“L’uomo che sconfisse i Troll”

L’anziana si addentrò nella lettura incuriosita.
Wow, pensò, quest’uomo ha un fascino indiscusso. E poi…che forza, che coraggio. E’ incredibile! Non credo che io sarei mai riuscita a fare qualcosa del genere.


FINE

 
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